Il via dei Balestrari era tutto un fermento.
Campo de’ Fiori ad un passo, grande e caciarone, col suo mercato pieno di colori, invadente e strafottente, per una serie di vènti, imbuti e labirintici miracoli acustici, trasmetteva le urla dei suoi “bancaroli”: strillati, pregati, menzonieri ed irriverenti, fin dentro il vicolo.
Checca, la fornaia, fungeva da portavoce e sembrava, fra tutti, la meglio informata.
La gente accorreva da lei e domandava:
– Se sa quanno arriva? E sarà pronta pe’ stasera? –
Era tutto un frastuono. Checca, ormai sulla settantina, faceva un po’ la scocciata, ma si vedeva che questo stare al centro della situazione le piaceva, anzi, io credo, che sotto, sotto, ne era molto felice.
– Eh! A signo’! Che ve devo da di’?! Certo che ar sor Lupelli j hanno detto che forse…..-
– Forse?! – si stupivano in coro quelle commari .
– Ehh ! Forse…si…. me sa…. Ma io so convinta … –
– Sete convinta!? –
– Che stasera se divertimo!! – e rideva Checca, era lei che comandava il gioco. Che forza! Era un evento e lei era presente. Da quando era finita la guerra che non era tanto felice.
Io ero piccolo e stavo in finestra accanto a nonna Velia.
Abitavamo al primo piano proprio incontro all’Osteria Lupelli, il luogo dell’evento.
Ero molto emozionato, come tutti d’altronde.
Vedete ne avevo sentito solo parlare di questo prodigio della tecnica. Mamma quasi non ci credeva. Papà e nonno se ne fregavano. Sapete, gli uomini a quei tempi avevano altri pensieri, si sentivano superiori a queste sciocchezze, e poi , nonno, che faceva il capotreno alla Wagonlit, ci aveva assicurato che a Parigi e a Londra, l’aveva vista un sacco di volte e persino in casa di amici, quindi per lui….
Io gli credevo da morire e ogni volta che raccontava di questo prodigio, lo abbracciavo, baciavo, e non ero mai sazio di sentirlo parlare.
Ero preso da questi pensieri. Quasi attaccato alla gonna di nonna, cercavo di spingermi sempre più in alto per vedere meglio e solo quando nonna mi mollava qualche “scappellotto” , perchè io lo so che lei aveva paura che mi sporgessi troppo, mi fermavo e almeno per un paio di minuti, mi ammutolivo e facevo vagare senza posa i miei occhi curiosi e dentro di me , sicuri che avrebbero visto per primi l’avverarsi della meraviglia.
– Lallo te voi ferma’ un attimo, ma sei spiritato?! – mi diceva nonna mia.
– Ma la portano no’?! – le chiedevo per l’ennesima volta.
– Ma si… se hanno detto oggi, oggi è! –
Ad un tratto un boato si levò dal fondo della via.
Saltai in aria come un uccellino. Pizzico di mia nonna sopra una coscia.
– Sta’ attento! Accidenti a te! Voi casca de sotto?! – mi sgridò – Aiah!!! – la guardai massaggiandomi la coscia, poi veloce, mi feci mezzo metro più in là e lo vidi.
Un furgone, fendendo la folla, si fermò davanti all’osteria.
Non si sentiva più volare una mosca.
L’autista aprì la portiera, scese, si guardò intorno stupito da tanta presenza e camminando con passo marziale, estrasse dal camion uno scatolone.
-A Lupe’ ce semo! – gridò una voce maschile.
Il mio cuore, ma non solo il mio, ma anche quello di molti altri, sobbalzo.
L’autista, scatolone in braccio, avanzò serio verso la porta dell’Osteria.
Il vecchio “ Sor Lupelli “, lo seguì trepido intanto che lo poggiava su un tavolo.
– L’antenna ce l’avete? – gli domandò l’uomo.
– Antenna? – domandò Lupelli, poi subito dopo – Ah! Si l’antenna, quella che avemo messo sur tetto! – si guardò intorno, poi fissò fiero quel portatore di sogni – Sì ! Sì ! – gli rispose
– – La presa sta vicino ar tavolino! –
Quasi un’ovazione si levò dal vicolo.
Allora l’uomo…si avvicinò al tesoro imballato.
Un silenzio tombale avvolse il vicolo. Io ridevo e gridavo come uno scemo. Nonna mi guardò stupita.
A questo punto l’autista, con perizia e devozione aprì lo scatolone.
– Adesso, verifichiamo che funzioni tutto. – disse al buon Lupelli.
– Se nun funziona nun te do ‘na lira . – lo informò lui serio.
– Funziona, funziona! Tranquillo sor mae’! – lo rassicurò.
Dallo scatolone, con estrema perizia ne tirò fuori il contenuto. Ora era sul tavolo. La scatola fu lanciata alla folla, che la distrusse in un momento.
Un ohhhh! Si levò spontaneo da tutti noi.
Era una TV.
L’uomo armeggiò con dei fili elettrici. Ne infilò uno in una presa e uno più grande e bianco in un’altra. Girò una manopola e si udi’ distintamente un “clic”.
Per un minuto non accadde niente, ne un suono, ne una luce. Poi….miracolo. Una foto in bianco e nero che si muoveva….una signorina che parlava….
– Ohhhhhh!!! – fecero tutti.
– Cavoloooo! – gridai io. Schivando per un pelo, causa parolaccia, lo schiaffo di mia nonna.
Lupelli, si guardò intorno. Sembrava un generale che aveva vinto una guerra. Guardava i volti di quella gente felice. Io non ci giurerei, ma sono convinto che sorrise anche a me vedendomi sporgere dalla finestra. Poi, fiero, firmò la ricevuta, guardò l’uomo risalire sul furgone e ripartire.
Io scappai giù per le scale.
– Vieni qua manigoldo, quando viene tua madre vedi tu…!!! – sentii mia nonna gridarmi dietro.
Troppo tardi. Ero eccitato e felice. Mi intrufolai tra la gente che stazionava curiosa davanti all’osteria. Mi fermai davanti al tavolo con sopra la televisione, baciai l’annunciatrice….un attimo, un brevissimo attimo…mi sentii afferrare per le spalle, sollevare da terra e un bacio stamparmisi su una guancia. Era nonno che ridendomi mi diceva.
– Ah brutto assassino, hai fatto arrabbiare tua nonna….adesso sono affari nostri!!!
Non fu così! Ma quel febbraio del 53. La prima televisione che vedevo. Tutta quella gioia condivisa con tanta gente, rimane uno dei ricordi più belli della mia vita..
Salita de’ Crescenzi, 31
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Orari di apertura 12:30 – 15:00 | 19:00 – 23:00
dal Lunedì al Sabato (Sabato sera e Domenica chiuso)
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