Precisione, qualità costante e gestione anglosassone sono alla base del successo de La Pergola del Rome Cavalieri Waldorf Astoria, esclusivo ristorante capitanato da Heinz Beck che dal 2005 fa brillare tre stelle Michelin nel firmamento della ristorazione mondiale.
“La cosa più importante nel mio lavoro? La precisione, in tutte le sue declinazioni”. Non ha dubbi Heinz Beck, da 25 anni al timone de “La Pergola”, locale divenuto nel tempo un mirabile esempio di imprenditoria applicata alla ristorazione. Un lavoro in solitario? Tutt’altro: alla corte di Re Heinz – unico tristellato a Roma – ruota una brigata di giovani talenti selezionati con rigore. “Se devo scegliere tra un ragazzo preciso e poco fantasioso, e un altro più estroso ma meno centrato, opto per la terza soluzione: un ragazzo creativo e preciso – sentenzia lo chef – la precisione è però la cosa più importante. Chi è dotato di un talento che non riesce a replicare ogni giorno allo stesso modo, non può restare nel mio gruppo di lavoro. Questo perché la qualità qui deve essere costante, il benchmark non si può abbassare, per nessun motivo. Il cliente deve trovare ogni gior- no lo stesso livello altrimenti io chiudo il ristorante”.
Una visione in apparenza spietata, quella di Heinz Beck, eppure assolutamente necessaria per garantire la massima soddisfazione di chi sceglie di sedersi a una delle dieci tavole più blasonate d’Italia. “Questo concetto è alla base di qualsiasi struttura produttiva – ribadisce – il cliente determina ciò che vuole. Noi osserviamo il mercato, e cerchiamo di muoverci assecondandone l’andamento, e la nostra creatività sta nell’anticipare le sue richieste, eventualmente correggendo rapidamente il tiro”.
Ma cosa ha a che fare tutto questo con la figura romantica dello chef che permane nell’immaginario collettivo? Poco o nulla, a quanto pare, a patto però di essere circondati dalle persone giuste. “Tutto questo è possibile grazie alla struttura che mi supporta – precisa Beck – soprattutto nella logistica e nell’amministrazione (seguite dalla moglie Teresa, ndr). Io rappresento la parte operativa: viaggio, visito i ristoranti, formo il personale, decido ciò che deve essere venduto, ma sul resto non posso permettermi di perdere un solo minuto. Sono il leader e in quanto tale tocca a me prendere le decisioni scomode, e conviverci. Ma sono un essere umano, e posso sbagliare; l’importante è ammetterlo e correre ai ripari. Solo chi non lavora, non sbaglia”. Niente professionisti interni ma solo consulenti esterni – avvocati, commercialisti, ecc – che di volta in volta supportano la società romana nei rapporti con i paesi esteri. E una rigorosa gestione anglosassone dove al budget si affiancano le voci di costi e ricavi; e degli utili a fine anno.
Qualità e precisione sono altresì insegnamenti fondamentali che lo chef trasmette agli allievi nella sua attività di formazione, con una rigorosa premessa: “Dalla mia brigata mi aspetto che il cliente sia al centro del lavoro di gruppo. Non scoraggio la competizione, anzi, a patto che avvenga in maniera rispettosa e che non turbi la serenità dell’ambiente di lavoro”. Un piacevole ricordo di una lunga e fruttuosa carriera? “Non mi guardo mai indietro, sono sempre proiettato verso il prossimo obiettivo da raggiungere. Occupiamo senza dubbio una posizione di rilievo, ma sappiamo bene che va difesa, perché ogni giorno qualcuno si sveglia e vuole una parte della torta: le tre stelle non sono assegnate a vita.”