La Scolca, Chiara Soldati: serve comunicazione forte su agroalimentare italiano

Tra gli ambasciatori del Made in Italy di qualità, la storica azienda vinicola La Scolca da sempre svolge un ruolo di primo piano non trascurando il mercato interno. Un cammino avviato 100 anni or sono, oggi guidato da Chiara Soldati che con l’abituale lucidità analizza la delicata situazione del momento.

Come sta vivendo l’ emergenza Covid-19?

Devo dire la verità, è molto difficile. Mi sembra di essere un capitano coraggioso…da un lato c’è una grande tempesta e dall’altro dobbiamo essere pronti e approfittare di ogni refolo d’aria che il mercato ci offre. Cerchiamo di rimanere molto solidi, lucidi. Quello che io ho fatto per il mercato italiano è stato di introdurre subito le consegne gratuite per i clienti, che poi hanno chiuso e per i privati. Approfittiamo di questo momento per migliorarci.

La Scolca è un’azienda storica, avete da poco festeggiato i 100 anni.

Nel 2020 pensavamo di festeggiare il milione di bottiglie, ma penso che rimanderemo questo nostro obiettivo. L’anno era partito molto bene, ho visto i dati che mi hanno fornito i miei importatori, considerando che non siamo neanche alla fine di marzo, quindi sicuramente il trend aziendale è molto buono. Questo ci fa capire, a noi come azienda, che la strada che abbiamo intrapreso di diligenza, di serietà e di produzione è quella giusta. Il lavoro in campagna non si ferma, perché fortunatamente le aziende agricole in questo sono autorizzate perché non posso fermare la coltivazione. Siamo stati molto contenti perché siamo riusciti a potare nei tempi giusti, oggi ho fatto anche un video perché stanno nascendo le prime gemme. Ovviamente abbiamo adottato per quanto possibile lo smart working. Nella necessità stiamo sfruttando delle nuove opportunità e delle nuove strategie, sotto tutti i punti di vista. È un momento per fare un’analisi profonda, vedere quello che va bene, quello che è da migliorare…come nella vita normale, nel momento in cui ti fermi e pensi… se i nostri movimenti oggi sono limitati, il nostro pensiero rimane libero e anzi si pensa anche di più. Io ho superato come famiglia e come azienda due guerre, crisi economiche importanti, quindi diciamo che tutto questo background è nelle nostre corde. La difficoltà si può superare, io sono stata educata così dalla mia famiglia, dalle esperienze sportive, senza piangermi addosso e cercando anche il contatto umano. Ci tengo a sottolineare che ho avuto delle dimostrazioni di affetto da parte di tutti i miei suppliers stranieri, il mio team di agenti, i clienti…c’è una sensazione di unione, di partecipazione al problema è questa è un’altra cosa che io vedo come molto positiva.

Se da un lato il timore dei dazi USA ha accelerato gli accordi con questo paese, dall’altro c’è la consapevolezza che l’export verso gli altri stati subirà una flessione, quando anche questi saranno travolti dal Covid-19.

Sono rientrata dagli Stati Uniti il 23 febbraio nel pomeriggio, e dopo due ore in Italia è scoppiata l’emergenza. Sono andata lì due giorni dopo la comunicazione che dava i vini italiani fuori dal tunnel dei dazi, e l’affezione per i prodotti italiani negli Stati Uniti si è rivelata molto forte. Quello che noi produttori, e io mi auguro tanto anche il Governo, dovremo fare dopo questa emergenza, è un piano di comunicazione importante sul nostro agroalimentare, che è certificato e sicuro come origine, le nostre sono produzioni di eccellenza, anche a livello salutare. Chi ha lavorato bene, in una maniera concreta, sia dal punto di vista commerciale, sia dal punto di vista della comunicazione, sia a livello di contatti sul territorio sicuramente vedrà una ripresa.

Si prospetta una stagione debole per l’enoturismo e non solo. Gli stranieri non verranno in Italia, toccherà a noi riscoprire il nostro Paese.

È ciò che sto dicendo servendomi di tutti i canali possibili e immaginabili, perché un lato positivo che forse a noi mancava, per tanti motivi, era l’orgoglio italiano e forse questo è il momento in cui ci dobbiamo riscoprire tutti un po’ più patriottici e visitare i nostri territori. Prima di prendere un aereo e partire alla volta di paesi stranieri dovremmo visitare le bellezze che ci circondano. Io ci sto lavorando, anche se adesso ovviamente mi sono fermata, ma comunque le mie offerte di degustazioni e pacchetti le ho continuate a mandare agli italiani, perché questa situazione avrà una fine. Tutto ha una fine, lo abbiamo visto in tanti momenti bui di crisi economiche, lo abbiamo visto in tante circostanze, fa parte della vita. Questa escalation è destinata prima o poi a fermarsi, quindi il mio slogan è “ripartiamo dall’Italia”, mangiamo italiano, beviamo italiano, viviamo i nostri territori. Non è retorica, se lo facciamo tutti forse riusciamo a far ripartire prima la nostra nazione. I turisti stranieri per diverso tempo probabilmente non ci saranno anche perché loro stessi saranno bloccati entro i loro confini.

Parliamo del Vinitaly. I buyers stranieri hanno già detto che a giugno non ci saranno. Ha senso secondo lei confermare l’edizione 2020?

Anche gli italiani non penso che verranno al Vinitaly, perché se per caso si sarà ripreso il mercato, risparmieranno. È anche un fatto puramente economico, sicuramente auspico una scelta responsabile di Veronafiere, ho grande stima per Mantovani e penso che se la situazione non dovesse migliorare sarà necessaria una scelta responsabile, anche nei confronti delle aziende che in questo momento hanno bisogno di fare dei conti economici snelli dove è necessario tagliare tutto quello che può risultare superfluo.

Quali misure andrebbero adottate secondo lei?

Posso rispondere con quello che sto facendo nella mia azienda. Essendo impedite ogni tipo di attività di relazione, invieremo un comunicato e faremo delle conferenze stampa a distanza mandando i campioni delle nuove annate a un elenco selezionato di giornalisti. Faremo conference call approfittando della tecnologia digitale. Questo è, secondo me, qualcosa che probabilmente dovremo fare anche nel caso del Vinitaly, un b2b a distanza, fornire servizi che non comportino la presenza fisica. Anche perché, parlando da amministratore della società, come posso far viaggiare i miei dipendenti a giugno, con l’ ipotesi che il virus circoli ancora  seppure con una minore percentuale di rischio? Siamo rimasti chiusi in casa diligentemente tutte queste settimane, e probabilmente altre ne seguiranno. Siamo realisti, un miracolo non avviene dall’oggi al domani, ci sarà nella migliore delle ipotesi una limitazione dei casi ma un Vinitaly vuoto non penso giovi a nessuno.

In una recente intervista rilasciata ad Excellence Massimiliano Colella, ideatore di Maker Faire, la principale fiera europea sull’innovazione tecnologica ha affermato che questa sarà una delle principali leve per la ripresa.

Noi italiani non siamo abituati ad essere privati del contatto umano. È un fatto culturale, lo si è visto anche all’inizio di questa situazione con le limitazioni che non riuscivamo ad accettare perché per noi incontrarci è fondamentale. Però in questo noi dovremo avere tanta responsabilità, e se il vino veramente parla le lingue di tutti i paesi sarà il vero ambassador del futuro. Evidentemente ci dovremo adeguare, ci sono delle situazioni che possono diventare opportunità e cambierà il modo di lavorare, di comunicare. Avverrà una maggiore selezione, perché in un simile contesto siamo senza filtri, l’altro giorno su Facebook si scherzava sulle signore che rimarranno senza make-up. Ecco, questa sarà una situazione in cui dovremo essere ancora più bravi, migliorarci e a lavorare sempre di più, sempre meglio, perché nel momento in cui questo silenzio finirà ci sarà una selezione naturale, anche dal punto di vista commerciale. Noi quest’anno usciremo con un nuovo spumante Brut, poi presenteremo il Blanc de Blancs ufficialmente e, probabilmente in una virtuale conferenza stampa, una verticale di Etichetta Nera e la nuova annata della Riserva D’Antan.