Niko Romito, chef, imprenditore, docente, un uomo dalle mille sfaccettature che nel giro di vent’anni ha raggiunto traguardi importanti, lasciando il segno nella ristorazione italiana. I suoi successi partono e si concretizzano nel suo Abruzzo, dove dal 2000 con la sorella Cristiana guida il ristorante Reale, dapprima a Rivisondoli e poi dal 2011 a “Casadonna”, ex monastero del ‘500 a Castel di Sangro, ottenendo qui la terza stella Michelin. Chef autodidatta, la cucina di Romito è legata al concetto dell’essenzialità e dell’equilibrio del gusto, sempre in movimento e in continuo fermento la sua anima imprenditoriale macina progetti, che lo vedono costantemente impegnato. Nei giorni del lockdown la sua famosa Bomba, nata come classico della pasticceria e da lui rivisitata in chiave moderna, ha conquistato i romani, diventando con il suo pollo fritto uno dei cibi più deliverati di Roma. L’accademia di Niko Romito rappresenta un altro tassello fondamentale della vita dello chef, che con l’insegnamento rende tangibile sui suoi ragazzi gli sforzi compiuti in cucina, rivedendo in loro, le ambizioni, i sogni e gli obiettivi che lui stesso è riuscito a raggiungere. Oggi la sua idea di cucina si dirige verso una ridefinizione del Made in Italy, puntando a un cibo più democratico e salubre per tutti.
Dal 2 luglio riapre il ristorante Reale e per un mese ci sarà un menù con i suoi piatti iconici a 150 euro per festeggiare i 20 anni d’attività. Come mai questa scelta?
Questo è stato un periodo difficile per tutti, così abbiamo deciso di ripartire dedicando la riapertura del ristorante a chi ama il mio concetto di cucina. Un prezzo accessibile per un menù di quindici portate è un modo per avvicinare alla mia ristorazione anche i giovani appassionati di cibo, che non sempre possono permettersi gli alti prezzi dei ristoranti stellati. Desideriamo dare l’opportunità di ripercorrere insieme l’evoluzione di un pensiero creativo e gastronomico con un menu irripetibile, pronti poi per dare vita ad un nuovo inizio.
Dopo il Covid come cambierà l’accoglienza per il ristorante e il resort?
La sala del Reale ha un approccio essenziale, poco retorico e diretto.Uno spazio anticonformista, che rivela un’eleganza informale e disinvolta, speculare all’essenzialità dei miei piatti. C’è una grande attenzione nei confronti degli ospiti, riuscendo a mantenere un tocco spontaneo, quasi familiare, nonostante le coreografie siano studiate nei minimi dettagli. Il fine ultimo è sempre stato quello di offrire un’esperienza fatta di valori e contenuti, che rimanesse impressa nella memoria.
Saremo felici di accogliere i nostri clienti con l’attenzione di sempre e ricambiare la loro fiducia, adottando tutte le procedure necessarie per rendere la loro permanenza a Casadonna un momento sereno di ritrovata normalità. L’esperienza gastronomica permetterà una più autentica riconciliazione con il senso profondo della bellezza, grazie alla natura circostante.
Avete già prenotazioni per la riapertura?
Si assolutamente, appena abbiamo annunciato la riapertura siamo stati inondati da richieste di prenotazioni
Nel periodo del lockdow il suo delivery e quello di Burger king sono stati i più richiesti, Come spiega il successo del suo cibo recapitato a casa?
Il delivery nell’alta ristorazione non è sostenibile dal mio punto di vista, ma un ristorante stellato è nelle condizioni di studiare dei piatti ad hoc per essere deliverati, mantenendo il gusto, le temperature e il patrimonio nutrizionale di una cucina espressa.
Credo che il delivery non possa garantire da solo la sostenibilità di un’attività di ristorazione classica. Può rappresentare un’ interessante opportunità, che viaggia parallela ad un modello già funzionante, può anche aumentarne il fatturato se si approccia anche in questo caso in maniera “scientifica” all’offerta. La nostra scelta gastronomica è ricaduta su quei piatti in grado di affrontare il “viaggio” come le nostre Bombe che anche in questo caso – con il delivery – sono risultate essere un best seller. Abbiamo lavorato su un contenitore diverso che ne conservasse inalterate le peculiarità e ha funzionato. Così come con il pollo fritto intero, un must di Spazio Bar e Cucina anche in versione consegna a domicilio. Evolviamo ogni giorno, questa esperienza mi sta insegnando tanto anche sull’importanza del packaging, soprattutto sulle infinite possibilità di renderlo funzionale e allo stesso tempo poco impattante sul costo finale del piatto e sull’ambiente.
Questo periodo cosa le ha tolto e cosa le ha donato?
La pandemia ci ha costretto ad un ritorno forzato agli ambienti domestici, riportando la casa ad essere il centro delle nostre vite. La cucina casalinga è tornata protagonista, offrendo a noi cuochi l’occasione di dialogare con le persone sul concetto del mangiar bene. Abbiamo riscoperto durante il lockdown che mangiare è vitale, sembra un paradosso, ma la nostra società capitalistica e consumistica troppo spesso dà per scontato il cibo e la sua facilità di reperimento. Dà per scontato che il cibo si materializzi dentro packaging accattivanti nei frigoriferi delle nostre case, sugli scaffali dei supermercati, fuori dagli zaini cubici dei rider, nei bar e nei ristoranti, nelle mense aziendali e scolastiche, nelle stanze degli ospedali. Ma il cibo e tutto il processo che lo caratterizza, dalla coltivazione alla raccolta, dalla selezione alla sua trasformazione dal confezionamento alla distribuzione e consegna, fino al suo riciclo nell’organico grazie alla raccolta differenziata, non può essere dato per scontato. Oggi lo sappiamo e questa consapevolezza può essere la pietra sul quale costruire una più rafforzata visione del Made in Italy. Una nuova cultura del cibo, della sua trasformazione basata sui valori della salubrità, della sostenibilità, della circolarità, della solidarietà e dell’accesso democratico.
È molto impegnato sul fronte della formazione qual è il sentimento comune che ritrova nei suoi ragazzi?
Fare formazione fa crescere, anche professionalmente, con l’insegnamento dai e ricevi anche di più. I ragazzi mi fanno ragionare su concetti che rischiavo di dare per scontati e che invece ho ripreso in modo nuovo, riadattandoli e aggiornandoli mi hanno ispirato per nuove idee. La formazione è il mio futuro, vedere i ragazzi aprire i loro ristoranti grazie a quello che hanno imparato qui significa lasciare un qualcosa di tangibile e importante.
Lavoro da vent’anni nel mondo dell’alta ristorazione e ho sentito il dovere dieci anni fa di aprire un’accademia di alta formazione per condividere con i giovani cuochi questa filosofia fatta di studio e sperimentazione.
Oggi sono sempre più convinto che lo sforzo di innovazione e ricerca che il nostro settore quotidianamente compie sia il volano per trasferire nuovi concetti, nuovi processi, nuovi protocolli dalla ristorazione stellata alla ristorazione casalinga, a quella collettiva, all’industria della trasformazione agroalimentare.
La ristorazione italiana è stata duramente colpita, come se lo immagina il futuro per questo settore?
Credo che preservare la nostra cucina, difendere e promuovere la cultura italiana del cibo sia un dovere, un bene culturale che riguarda tutti. Dovremmo iniziare a cogliere la varietà delle nostre produzioni, sia agricole sia culinarie, e la straordinaria biodiversità biologica e culturale che ci contraddistingue come un unicum, che costituisce una parte importante della nostra identità e di quell’insieme di concetti e manufatti che tutti chiamiamo Made in Italy. È un passaggio indispensabile per creare un’immagine della cucina italiana nel mondo coerente con la realtà del Bel Paese. Il tema della sostenibilità del cibo è strettamente legato a due direttrici che non possono essere tralasciate, soprattutto da chi come noi, lavora nell’alta ristorazione. La prima è la salute e la seconda è la ristorazione collettiva, ovvero lo sforzo di rendere gli investimenti e lo studio applicati all’alta ristorazione la chiave con la quale rendere accessibile a tutti un cibo di qualità e salubre.