Ornella De Felice: “La cucina? Un mondo meraviglioso”

Originaria di Nettuno, laureata in sociologia e allieva di Cristina Bowerman. Parliamo di Ornella De Felice, chef del ristorante Coromandel di Roma, oggi protagonista della nostra rubrica #ricettadidonna.

Cosa l’ha spinta in cucina dopo la laurea in sociologia?

La cucina è sembrata entrare nella mia vita un po’ per caso, perché dopo il line è all’inizio degli studi universitari, ebbi l’occasione di lavorare in un piccolo ristorante a gestione famigliare a Nettuno, mio Paese di origine. In verità, ho avuto una grandissima maestra sia dall’infanzia che è stata mia nonna Ornella, appunto. Lei, di origini contadine, mi portava con se al mercato, nelle campagne a raccogliere frutta ed erbe spontanee, ma soprattutto mi ha inculcato il valore del cibo e di non sprecarlo, dei prodotti artigianali, come l’olio buono. In cucina Lei riusciva con pochissimo ad orchestrare un vero pranzo di Babette. Dopo la laurea, continuai a lavorare mettendo in campo quello che sapevo fare e che mi piaceva di più, fino all’esigenza impellente di lasciare la provincia e avventurarmi in città. La cucina era il luogo dove mi sentivo più a mio agio con me stessa e che mi dava l’opportunità di coniugare tante mie passioni, il cibo e lo studio.

Cosa rappresenta per lei Cristina Bowerman?

Cristina Bowerman è una delle professioniste del settore che stimo di più. La sua vicinanza mi ha mostrato i mille aspetti del lavoro in cucina, da quello tecnico, a quello creativo. Lei mi ha fatto capire l’importanza dello studio, della ricerca e della sperimentazione che rendono il nostro lavoro mai statico ma sempre in evoluzione, perché noi evolviamo insieme a lui. È una persona per me sempre di grande ispirazione, sia sul piano umano che professionale, nonché è una amica carissima sulla quale so di poter fare sempre affidamento.

Lei è originaria di Nettuno, porta sempre con se il mare?

Nel mio percorso personale la riscoperta delle mie origini è passata per un suo assoluto rifiuto, vedevo la realtà provinciale come un limite. Quindi ho attraversato inizialmente un momento di totale sguardo verso le più alte tecnologie e scienze applicate alla cucina. Mi sono dapprima appassionata ai grandi che hanno cambiato la storia, ne ho studiato le ricette e cercavo attraverso quelle di trovare una mia interpretazione. Crescendo invece lo sguardo al passato è diventato un analisi della mia identità come persona e cuoca. Porto con me la memoria delle ricette di famiglia, più che del mare.

Tradizione, innovazione o un mix di entrambe?

La cucina è un mondo meraviglioso dove esprimere se stessi, i propri sentimenti del momento, l’istante stesso che si vive. Tradizione vuol dire memoria, territorio, identità, mentre innovazione fa parte del gioco delle parti tra chi cucina e chi ne riceve il prodotto, cioè il nostro Cliente. È bello poter pensare di essere allo stesso tempo radicati e guardare col naso all’insù, questo per me rappresenta quella sensazione di libertà che la cucina ti dona. Per cui mix tutta la vita, ma che sia accompagnato da un’idea di fondo importante e reale.

Quanto conta per lei la materia prima?

La materia prima e ciò che noi cuochi plasmiamo, che modelliamo e a cui conferiamo un significato, che poi comunichiamo al nostro cliente. Essa non ha valore in se finché non siamo noi ad elevarla. Nel senso, che è chiaro che l’attenzione alla scelta dei prodotti è un tema fondamentale nel nostro lavoro, ma è nel momento in cui noi li sublimiamo che essi divengono quel mezzo di comunicazione fondamentale tra noi e i nostri Clienti.

Da anni dirige la cucina del Coromandel, quali sono i suoi punti chiave?

Nel lavoro per me fondamentale è avere una forte etica, cioè stabilire quelle regole assolute e imprescindibili che fanno parte della nostra identità e che ispirano quotidianamente la nostra vita come il nostro lavoro. Il rispetto, l’impegno, la lealtà, la correttezza sono i miei cardini.

Un suo punto di forza è il brunch, come mai ha scelto questo approccio?

All’inizio della mia carriera a Coromandel abbiamo subito individuato insieme alla proprietà  un aspetto che tanto ci appassionava, e cioè la colazione, il pasto della giornata da dove tutto inizia. Essendo io una grande golosa ed appassionata della cucina anglosassone, francese ed americana, spesso viaggio in questi luoghi e subito pensai di inserire in menu alcune delle ricette della colazione per come si fa all’estero. Eravamo, ormai nove anni fa, forse i primi a proporre le uova con il bacon, il Pancakes, le eggsalad Benedict tante altre cose che sono oggi i cardini del nostro successo. Col tempo abbiamo ampliato l’offerta dandole quel tocco di originalità tutta nostra.

Qual è, per lei, la ricetta di donna?

La ricetta di donna ha come ingrediente principale una grossa dose di resilienza e intelligenza, accompagnata da affidabilità, determinazione, empatia, e a tratti fragilità che rende noi donne così uniche e speciali, il quid in più in un ambiente di lavoro come quello della cucina, troppo ancora maschilista, dove spesso si pensa che sia la forza fisica e la resistenza ad essere fattori discriminanti sulla presenza o meno delle donne. Le donne ancora tendono ad essere collocate ai ruoli marginali, non vengono credute anche se esibiscono curricula importanti. Sono fiduciosa sul futuro, perché noi donne ci stiamo aprendo sempre più spazi anche sul piano istituzionale, perché ciò che ci caratterizza è una grande capacità comunicativa, che non è fatta di mere chiacchiere ma di grandi, grandissimi fatti.