Sonia Massari si racconta tra food design e sostenibilità alimentare

Sonia Massari è una affermata ricercatrice e docente di design applicato al settore agro alimentare, la sua vera passione per il cibo è iniziata prima degli studi universitari. Aveva un nonno imprenditore agricolo e una nonna che ha sempre fatto la pasta in casa, due nonni fornai, di cui uno è ancora molto attivo dentro il suo orto. La passione è cresciuta, lavorando sul campo nella sua bella Emilia Romagna, tra i tanti lavori fatti ci confessa, che i più faticosi sono stati quelli in campagna o nelle fiere enogastronomiche.

Il design è la sua vita, come nasce questa passione?

Più di 20 anni fa ho studiato interaction design all’Università degli studi di Siena. Sono sempre stata affascinata dagli studi di scienze cognitive e da cosa accade nella mente della gente quando dai loro la possibilità di essere creativi. Ho avuto la fortuna di insegnare questa materia e di approfondire le mie ricerche negli Stati Uniti. Ma poi ho deciso di tornare in Italia e proseguire la mia carriera in Europa. Mi piace studiare le interazioni tra le persone, le interazioni tra le cose e le persone, ma soprattutto come le interazioni possano creare scenari emergenti e produrre dei sistemi innovativi. Il design, cosi come la formazione, se usati bene, secondo me sono dei “superpower” (dei superpoteri) da non sottovalutare.

Poi si è avvicinata al mondo del cibo…

Si quasi per caso nel 2007, appena tornata dagli Stati Uniti,  mi è stato chiesto di progettare un centro di studi e ricerca Universitari dedicato alla cultura del cibo, principalmente per studenti stranieri. Ho affrontato questa sfida utilizzando le mie competenze di ricercatrice e designer di sistemi, studiando tanto,  per poi ideare e sviluppare non solo la vision e la mission del centro, ma anche i corsi, alcune forme speciali di didattica e pedagogie innovative (riconosciute e premiate a livello internazionale), che ancora oggi contraddistinguono il centro.

Sono stata direttrice del centro, che si chiama Gustolab International,  per 12 anni ( fino allo scorso agosto)  e il mio obiettivo è sempre stato quello di realizzare ambienti di apprendimento creativi per aiutare gli studenti ad immergersi nelle nostra cultura attraverso il cibo. I temi della sostenibilità alimentare e l’approccio critico sono diventati i fattori chiave dei nostri studi. Come ho detto prima: ho studiato tanto il cibo, prima e durante la progettazione del centro. Ho viaggiato tutta l’Italia da nord a sud, incontrando e imparando da produttori, agricoltori, pescatori, allevatori, i miei veri maestri…..ma anche da ricercatori e professori. Devo a tutti loro quello che so oggi e la mia curiosità sui sistemi cibo. Da qui ebbi l’idea anche di cambiare il tema della mia tesi di dottorato in Ingegneria, Telematica e Società dell’Informazione e focalizzarlo sui temi del food design, delle nuove tecnologie e della progettazione di culture alimentari più sane e sostenibili.

Nel mondo odierno, per lei, è il marketing che fa il prodotto?

No, non penso che il marketing abbia più questo superpotere. Penso che i consumatori  oggi siano molto più preparati ed esigenti di prima. Penso che il marketing abbia bisogno di lavorare in maniera più transdisciplinare per andare incontro a quelli che sono i veri bisogni e le aspettative dei consumatori. Siamo in una fase in cui è necessario esaltare alcuni valori umani ( piuttosto che quelli commerciali), per poter raggiungere sistemi alimentari più sani e sostenibili. Il design può aiutare il marketing a comprendere meglio questi valori e a progettare soluzioni e innovazioni su di essi.

Il “food design” assume comunque un ruolo chiave?

il food design è un tema ampio. Mi piace più parlare di design ( come competenza!) applicato al sistema agro-alimentare, per definire il design come una metodologia di ricerca e di progettazione, che se usato adeguatamente, ci permette di innovare, ma soprattutto ci permette di progettare culture alimentari più sane e sostenibili.

Quali sono le nuove frontiere?

Durante la progettazione della prima mostra online sul fooddesign (di ElleDecor) sono stata chiamata come consulente  a pensare alle sfide di oggi per progettare un cibo più sano e sostenibile. Abbiamo identificato alcune linee interessanti di ricerca e sviluppo: le farm domestiche, le proteine alternative, le soluzioni per  recuperare gli sprechi e preservare i semi, i frutti dimenticati, i packaging sostenibili, ect… Penso che la vera frontiera oggi, sia quella di ri-definire il valore del cibo per l’uomo, creare un rapporto nuovo tra cibo e uomo, e soprattutto tra uomo e natura. Mi piace pensare al futuro in cui il design viene applicato all’agri food business, all’agro-ecologia, alle politiche alimentari. Mi piace ri-pensare al design come alla possibilità di ri-organizzare i  nostri sistemi alimentari.  E’ una grande sfida, … Dobbiamo fare in modo che il system thinking cosi come il creative thinking diventino competenze di tutti i professionisti coinvolti nei sistemi agroalimentari. Il cambiamento deve includere e coinvolgere tutti gli attori del sistema alimentare. Solo se collaboreremo, sarà possibile cambiare.

Quanto ha influito, nella sua vision, la formazione e l’insegnamento negli States?

tanto. Partire dalla pratica per arrivare alla teoria. Nuovi modi di apprendere e di insegnare Modalità di pensare diverse dalla mie Trans-nazionalità e  trans-disciplinarietà. Però devo anche dire che la cultura italiana, è ciò che ha influito maggiormente sul mio modo di fare ricerca, di studiare e soprattutto di lavorare.

Attualmente dov’è impegnata?

Sono docente di diversi corsi Universitari sul food e design. Tra i vari, vorrei citare il mio corso all’Università di Roma Tre che si chiama “Sustainability Design Thinking”. Un corso in lingua inglese, con studenti provenienti da tutto il mondo, all’interno di un percorso di studi che si chiama “Innovation and Sustainability”. Nel mio corso si impara a progettare per un mondo migliore.  Introduco il tema dell’educazione alimentare come educazione allo sviluppo sostenibile attraverso il cibo.
Mai come ora abbiamo bisogno di spiegare la complessità del cibo ai futuri giovani professionisti e il loro ruolo sia a livello locale e globale. Educare i giovani alla sostenibilità significa aiutarli ad imparare a mettere a sistema le conoscenze, le  domande e le azioni, con l’intento di aiutarli a costruire un futuro sostenibile, per le loro comunità e per il Pianeta. Nel mio corso, si lavora in maniera transdisciplinare, si usa il design per studiare il passato, comprendere la società attuale e per ideare soluzioni creative con impatti positivi sia nel breve che nel lungo periodo.

Qual è, per lei, la ricetta di donna?

Ingredienti principali: voglia di fare, coraggio e paura allo stesso tempo, relazioni sincere e valori.

Probabilmente la mia ricetta di donna è fatta di spirito innovativo e pionieristico, la capacità di vedere i problemi da angolazioni diverse, l’essere predisposti alla creatività, l’empatia e una motivazione fortissima a lavorare nel cambiamento e in un contesto che cambia rapidamente come quello del cibo. Tutto questo mescolato con una bella dose di rispetto, di semplicità, di  voglia di condividere, di collaborare e di coinvolgere. Solo cosi si raggiungono i migliori risultati.