Tra Calabria e Sicilia esiste un dolce antico, tipico e condiviso, chiamato il dolce dello Stretto e che si produce da più di cento anni dai pasticceri delle due sponde dello Stretto di “Scilla e Cariddi”.
Stiamo parlando della Piparella, un biscotto realizzato con mandorle, miele, farina, chiodi di garofano e cannella, con qualche scorzetta o essenza di arancia, limone o mandarino. E se a Messina viene tagliata quasi come un cantuccio, nella dirimpettaia Villa San Giovanni, altra patria della Piparella, è tipico il taglio a ostia, ovvero sottile e obliquo, con uno spessore massimo di 4 mm. Ovviamente taglio fatto rigorosamente a mano e con coltelli specifici che garantiscono il taglio ideale. Il vero segreto del gusto e della fragranza di questo dolce-biscotto non sta però solo nel taglio artigianale, ma nella doppia cottura: la prima avviene in forno per massimo 30 minuti subito dopo aver realizzato l’impasto a forma di sfilatino, a cui seguono 24 ore di riposo a temperatura ambiente, il taglio sottile a mano e la stufatura per altre 24 ore.
Una lavorazione lunga, che vuole quasi tre giorni pieni per ottenere un prodotto finito e di qualità, per un dolce artigianale, prodotto ancora dalle pasticcerie del territorio, solo a mano e con ingredienti made in Italy, o meglio ancora solo di zona, per avere qualità massima, e perché no, addirittura sostenibilità produttiva.
Un prodotto che si tramanda ancor oggi in famiglia e nelle scuole di pasticceria locale, vista la particolarità della manifattura e che negli anni ha sempre identificato una zona ben precisa. La Piparella oggi è un dolce simbolo, un dolce identitario che porta con sé tradizioni secolari e rientra anche tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali (P.A.T.) del Mipaaf ed è valorizzato anche da Slow Food.
Proprio per la lunga ed elaborata preparazione un tempo erano considerati i biscotti delle feste, preparati e venduti nelle fiere e nelle bancarelle in occasione delle feste patronali. Oggi per fortuna la tradizione ritorna con orgoglio nelle pasticcerie e nei forni, che producono questi biscotti quasi quotidianamente.
La Piparella, si annovera come prodotto nella categoria dei biscotti e se messo a confronto con quelli tra le marche più famose presenta valori nutrizionali in termini di kcal, di carboidrati, di grassi di molto inferiori, con quantità maggiori di fibre e proteine. E questo, si può affermare con sicurezza, grazie agli ingredienti italiani di alta qualità e alle loro singole caratteristiche nutrizionali.
Il nome “piparella”, in dialetto “pipareddha”, potrebbe derivare dal colore scuro come il legno del filoncino di base oppure si pensa anche dal pepe nero (“pipi niru”) che inizialmente si utilizzava tra le spezie della ricetta più antica o, secondo alcuni, il nome si rifà al metodo di cottura che un tempo avveniva in stufe a legna chesi dice “fumavano come pipe”.
Ma come si mangia o si abbina questo biscotto così speciale? Sicuramente l’abbinamento ideale è con i vini passiti di zona, come lo zibibbo, ma si può anche consumare a colazione o per una merenda con il caffè, con il latte di mandorla, con il tè. Poi c’è chi la propone in versione scomposta, chi come “intrusa gustosa” di un tiramisù, sbriciolata su creme, gelati o anche primi piatti. E oltre alla versione dolce, la troviamo come base di aperitivi e finger food più creativi.
La Piparella colpisce subito per il suo profumo, grazie alle spezie usate, che cambiano di zona in zona e poi per la sua croccantezza in bocca. È un biscotto delicato e fragrante che si differenzia anche dai noti cantucci toscani perché non ha l’uovo tra gli ingredienti che compongono l’impasto. Un prodotto che nel tempo è anche cambiato, seppur con accorgimenti minimi e piccole variazioni. Da decenni le scuole di pasticceria studiano e propongono varianti, abbinamenti partendo dalla ricetta base o modificando questa con piccoli tocchi di innovazione. Per esempio l’Antica Pasticceria dello Stretto a Villa San Giovanni (RC) affianca alla produzione di Piparelle tradizionali quelle aromatizzate, come la Piparella aromatizzata al Peperoncino bio di Calabria, alla Liquirizia di Calabria, allo Zibibbo della Costa Viola, al Bergamotto di Reggio Calabria, fino alla Piparella al caffè o al Goji Italiano bio. Tutti frutti di ricerca di giovani pasticceri che hanno dato vita al progetto LAPIPARELLA.COM, attraverso cui si è voluto recuperare la tradizione autentica di questo prodotto innovandolo anche sotto la guida dei maestri pasticceri più anziani e di esperti del settore. In questo modo nella sua secolare tradizione è riuscita a trasformare questo speciale biscotto in un un vero e proprio brand di territorio.