Sono in molti a ritenere che lo stop imposto dall’emergenza sanitaria ci abbia costretti a riflettere sul nostro pianeta, rendendo ancor più attuale il tema della sostenibilità ambientale. Su questo ed altri temi abbiamo interpellato Marco Caprai dell’azienda vinicola Arnaldo Caprai a Montefalco.
Vendemmia verde e distillazione sono oggetto di un acceso dibattito nel suo settore: cosa ne pensa?
Il momento è talmente difficile e complicato che non si può pensare solo a uno strumento che sia risolutivo per tutti. La complessità delle aziende è molto diversa, ci sono situazioni in cui può funzionare la vendemmia verde, altre in cui può funzionare la distillazione, altre ancora in cui viene scelta la via dell’ammasso privato e infine potrebbero esserci ulteriori soluzioni che vanno oltre queste chiavi individuate. Io non vorrei che si pensasse che si debba finanziare la distillazione sottraendo le risorse alle misure che ci hanno permesso di arrivare a un export di 6 miliardi e 2 per il pil italiano. Non è che i problemi si risolvono togliendo da una parte e mettendo dall’altra, perché poi c’è sempre chi produce 60 quintali per ettaro, non è certo la misura della distillazione quella che aiuta, anzi, probabilmente crea un danno maggiore. Al contrario chi produce 300 quintali per ettaro con la distillazione si trova sicuramente più avvantaggiato di chi produce 60.
Lei si è dichiarato molto speranzoso sulla ripresa dell’export.
Io parlo regolarmente col mio importatore negli Usa e lui, come è nel carattere degli americani, è sempre molto ottimista. In America si pensa di riaprire in questi giorni, qui no. Forse non sottrarre le risorse all’esportazione può permettere una ripartenza più veloce.
Parliamo di sostenibilità, la sua azienda ne ha fatto la propria filosofia.
L’idea della prima rivoluzione verde risale agli anni ’50, e con grandi risultati ha sfamato il pianeta fino a oggi. Quello che noi abbiamo immaginato nel 2008 con il progetto New Green Revolution, è una nuova fase della rivoluzione verde, che mette al centro la sostenibilità ambientale, sociale ed economica, realizzando un protocollo ispiratore di quello che oggi è il decalogo nazionale della sostenibilità.
Siete la prima azienda in Italia a ricorrere all’utilizzo della ventola anti brina. Quali sono i vantaggi?
La ventola è una sorta di pala eolica che prende forza da un motore e girando riesce a spingere l’aria calda che si va stratificando col freddo in basso, mentre in cima alla pala abbiamo già 3-4-5 gradi di differenza rispetto al suolo. Prende quest’aria che è più calda, la spinge verso il basso creando un vortice e facendo sì che il freddo non si depositi, non stagni e non crei danni ai germogli. In California le vedevo già diversi anni fa, naturalmente più semplici, di altra generazione. Questa ha dei sensori, si mette in moto da sola quando le temperature del suolo raggiungono un certo livello di alert e quindi è un sistema 4.0 dove l’uomo, programmando queste situazioni, riesce ad avere dei risultati interessanti. Il 2017 credo sia stato un po’ per tutti lo spartiacque su queste problematiche, gelate così pesanti come quelle che si sono verificate hanno posto in evidenza che non si poteva perdere i raccolti perché questo avrebbe causato danni enormi da un punto di vista della sostenibilità economica delle nostre imprese agricole. Noi siamo agricoltori un po’ particolari, non deriviamo la maggior parte del reddito dal raccolto del prodotto, del frutto, ma il 99% del nostro reddito deriva dalla trasformazione e dalla valorizzazione commerciale del vino. Dobbiamo quindi avere ancora più attenzione al prodotto per crearci sicurezze sul lavoro.
Quanti ettari copre una ventola?
Più o meno una ventola copre circa 50-60.000 mq. Sono circa 6 ettari. Oggi se guardiamo i prezzi nelle zone più importanti del vino italiano vanno dai 200.000 euro per ettaro al milione di euro e credo che un imprenditore un pensiero ce lo dovrebbe fare, poi magari la sua zona questi problemi li sente meno. Ad esempio in Sicilia è chiaro che queste cose non servono, probabilmente.
Non teme che la ventola disturbi il paesaggio?
No perché si ritrae, la base è incernierata e si può ribaltare lungo il terreno. Ha un effetto di scomparsa quasi totale. E non è certo come le pale eoliche che sono alte 30-40 metri. Tra l’altro noi abbiamo cercato di fare un pantone più vicino possibile ai colori delle nostre campagne. L’altra sera camminavo e guardavo da lontano, se non avessi saputo che c’era la ventola, non l’avrei trovata.