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venerdì, Aprile 26, 2024

Arcangelo Dandini: senza aiuti dal Governo sarà rivoluzione

Le misure da ieri adottate in Italia dal Governo Conte sembrano non bastare. In un drammatico tweet il sindaco di Bergamo Giorgio Gori avverte il Paese che è necessario arrestare anche le poche attività superstiti perché le terapie intensive sono intasate, e chi non può essere curato viene lasciato a morire. Una valanga che non accenna a rallentare, e che nella sua corsa rischia di travolgere il nostro Paese che ora dopo ora si affanna alla ricerca di soluzioni efficaci. Nel mondo della ristorazione, la maggior parte dei locali hanno scelto di abbassare le serrande guardando al 3 aprile come alla fine di un incubo. Nel cuore, tanta paura di non essere assistiti dalle istituzioni nel “day after”. La rubrica #whateverittakes inizia con Arcangelo Dandini, chef patron del ristorante L’Arcangelo a Roma.

Come sta andando?

Ho chiuso tutto, ci prendiamo una pausa e poi vediamo quello che succede. Una chiusura forzata, anche perché le mie attività vivono di lunch e dinner. Non c’è nessuno in giro perché giustamente ci sono delle restrizioni sanitarie, è inutile…fino a ieri abbiamo retto abbastanza bene al Supplizio, ma all’Arcangelo no, è un ristorante classico, già la settimana scorsa c’è stato un declino quindi abbiamo deciso, senza perdere tempo, di far riposare i ragazzi e noi, mettendo in stand by tutto e prendendoci questa pausa fino a nuovo ordine.

Il provvedimento impone la chiusura dei locali alle 18, una mazzata per i ristoranti aperti la sera, ma anche per gli altri.

Sì, c’è la limitazione che consente di uscire solo per 3 motivi: lavoro, malattia e spesa. È un po’ subdolo, se mi consenti, perché è un provvedimento restrittivo ma nessuno ci vieta di stare aperti. Ma è come se fosse così perché se tu vieti comunque la circolazione a questo punto obblighi pure me alla chiusura.

Sono coinvolte tutte le sue attività?

Sì. Il mio ristorante, l’Arcangelo, e 3 attività in gestione o co-gestione, comunque sono sempre fonti di reddito e di occupazione. Ho 11 dipendenti, compresi me e mia moglie, attorno a me ci sono circa 20 camerieri che vivono del loro lavoro, solo a Roma, non è che io voglia prendere la situazione poco seriamente, ma cosa dobbiamo fare? Ce lo dicessero…poi per carità io mi sono sempre tirato su le maniche da solo, non ho mai chiesto una lira allo stato, tutto quello che ho è frutto del mio lavoro.

Lei è proprietario delle mura del ristorante L’Arcangelo o deve pagare un affitto? Si sta confrontando in questi giorni con i suoi colleghi?  

Sono affittuario come molti miei colleghi e questo è un altro problema. Faccio parte degli Ambasciatori del Gusto e tra noi romani siamo coesi. Cristina Bowerman, Antonello Colonna, Davide Del Duca, Lele Usai, Gianfranco Pascucci e altri. Però noi da soli non ce la possiamo fare. Parlo anche con amici di altri ristoranti, siamo tutti sulla stessa barca. Mi ha chiamato un fornitore di vino e mi ha detto: “Ho una fatturina di 900 euro però non te la chiedo, la pago io altrimenti la casa madre non mi dà le provvigioni, poi quando si mettono a posto le cose mi darai soldi”. Questo modo di fare ti porta ad essere coeso, ma ci possiamo dare una mano per quanto, un mese? Due mesi? Poi dobbiamo per forza di cose fare qualcos’altro, non so cosa perché se non riprende non riprende, punto. Io immagino che tra una quindicina di giorni un minimo di luce si veda e ci rimboccheremo le maniche, lavoreremo la domenica, la notte, qualunque cosa saremo disposti a fare. Io sono pronto a ricominciare a 58 anni, non ho problemi, certo ne ho viste tante ma una cosa di queste mai.

Pochi giorni fa la FIPE (Federazione Italiana Pubblici Eserecizi) parlava di perdite oltre l’80%.

Adesso siamo al 100%. Io ho parlato con gli albergatori anche, ho un amico che fa il direttore, mi ha detto testuali parole già la settimana scorsa: “Sto chiudendo l’albergo, non ho più un cliente. Un 5 stelle con zero ospiti, un albergo di 200 stanze vuote, come quello del film di Shining, mando in ferie un mese tutto il mio personale, quando rientrano li metto in cassa integrazione”. Io non lo posso fare, non ho cassa integrazione, i miei non sono figli di questo stato. Questo sai che significa? Che scoppia la rivoluzione, per forza di cose. Io mi sento, a questo punto…chi sono io? Se qualcuno me lo spiega, perché quelli sì? Io sono contento, per carità, ci mancherebbe, non sono invidioso, però perché questi hanno un paracadute e noi no? Perché mio fratello, che lavora con me, mia sorella che lavora con me no, i miei ragazzi che lavorano da 12 anni con me no, perché? Perché siamo commercianti? Noi non siamo commercianti, noi siamo artigiani perché noi trasformiamo, non compriamo un maglione a uno e lo vendiamo a tre, non siamo quelli. Noi prendiamo un prodotto e lo trasformiamo, ci deve essere qualcuno che pensi a trasformare questa orribile dicitura di commerciante, io non mi sento un commerciante, io non sono un commerciante, io trasformo non compro una bottiglia di vino e la vendo, io sono come un vignaiolo, perché non posso essere come un vignaiolo? O come un falegname…anzi, al Supplizio sono un artigiano, pensa, al mio ristorante sono un commerciante. Ci sono delle regole e le voglio rispettare, ma possibile che io a 58 anni devo stare ad arrabattarmi in un ruolo che neanche mi compete, senza aver un minimo di niente…non è sostenibile questa cosa. Poi dicono che hanno stanziato 10 miliardi, ma che ci fanno con 10 miliardi? Non hanno capito che devono andare in Europa a chiedere i soldi, alla Banca Mondiale, perché questo è un problema mondiale e lo ha causato la Cina, non noi, quindi qualcuno deve pagare i danni, volente o nolente perché altrimenti scoppia una rivoluzione che loro non hanno idea.

Il Made in Italy è dunque in pericolo?

Bravissima, falliscono aziende di pasta, falliscono aziende di carne, falliscono tutti ma nessuno potrà chiedere nulla. Il Governo italiano non ha la capacità né la forza o la voglia di andare in Europa e battere i pugni sopra al tavolo…Qui non è questione di destra o sinistra, ci vuole una persona che bussa e dice: “Ragazzi, qua c’è una situazione esplosiva”. Siamo messi male, però io penso che se tutti ci uniamo dal primo all’ultimo, facciamo catena, facciamo coesione e questa battaglia la vinciamo…anzi questa è una guerra, non è più una battaglia, la battaglia è cominciata tempo fa.

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