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venerdì, Aprile 26, 2024

Barlotti, il sapore della mozzarella di bufala campana e la sua lavorazione

Basso Lazio, provincia di Caserta e Cilento: sono questi i territorio votati alla produzione della vera mozzarella di bufala, quella dop, che tutto il mondo ci invidia. Un marchio conosciuto dovunque, tutelato e garantito dal Consorzio della Mozzarella di Bufala Campana, che assicura non solo eccellenza, gusto e qualità, ma soprattutto una lavorazione della materia prima artigianale e manuale.
Le prime testimonianze sulla mozzarella di bufala risalgono al 1400, quando veniva chiamata semplicemente “mozza”, perché la fase finale del processo di lavorazione termina con la mozzatura. Contrastanti le origini invece della comparsa del bufalo in Italia. Secondo alcuni, questo animale fu introdotto in Italia in epoca longobarda, con le invasioni barbariche del VI secolo, secondo altri, furono i normanni che, intorno all’anno 1000, dalla Sicilia, dove il bufalo era stato introdotto dagli Arabi, lo diffusero in tutta l’Italia meridionale. C’è chi sostiene che il bufalo era allevato in Italia fin dall’epoca romana e chi sostiene l’origine autoctona dell’animale. Autoctono o no, il bufalo e la sua signora diventano i padroni incontrastati delle paludi a partire dal XIII secolo, in particolare tra Calabria, Puglia, Lucania e in Campania, dove si diffonde con grande facilità nel basso Volturno.

Erano animali tenuti sempre allo stato brado o semiselvatico, utilizzati per arare i terreni più compatti o come animali da soma nelle zone acquitrinose, dove i loro zoccoli lunghi e larghi non affondavano troppo. E poi ovviamente c’era il suo latte, riconosciuto già all’epoca per la sua bontà. Munto e subito trasformato dalle mani esperti del mastro casaro in ricotta, formaggio, provola e mozzarella, la cui lavorazione si attesta a partire intorno alla fine del 1500. Esattamente nel 1570 il termine mozzarella compare per la prima volta in un libro di cucina di Bartolomeo Scappi, cuoco al servizio del papa.
Una storia antica quella della mozzarella, ma sempre attuale, ieri come oggi le bufale sono allevate allo stato brado o semi brado e come ci fa notare Enzo Barlotti, uno dei titolari dell’Azienda Agricola Barlotti, celebre per le sue mozzarelle di bufala e per la sua invidiabile posizione, tra i favolosi Templi di Paestum, patrimonio Unesco e il mare.

Nata agli inizi del 1900 l’Azienda Agricola Barlotti è una delle più antiche realtà produttive della Piana del Sele di Paestum. Creata dal nonno come azienda di semplice allevamento e produzione di latte, l’avvento delle nuove generazioni hanno introdotto la trasformazione della materia prima in una serie di prodotti che pare abbiano conquistato il gusto della gente del posto e non solo. Mozzarella, rotonda, a bocconcini, a treccia, affumicata e poi la ricotta, la scamorza, il burro fino ad arrivare allo yogurt e ai gelati. Tutto prodotto con grande maestria e passione, che si tramanda da oltre tre generazioni.
La prima cosa che ci dice con orgoglio Enzo, uno dei fratelli Barlotti, nipote dell’omonimo nonno vincenzo fondatore di questa azienda, è: “Le nostre bufale sono felici. Le alleviamo in piena libertà, le facciamo stare bene e se loro stanno bene ci regalano un ottimo latte e di conseguenza un’ottima mozzarella. Negli anni abbiamo sviluppato un ciclo produttivo chiuso e autosufficiente. Nella nostra azienda agricola produciamo foraggi, fieno, erbe mediche, cereali e legumi con cui nutriamo i nostri animali e alimentiamo la produzione di latte e tutti i suoi derivati e di carne e salumi con i bufali maschi. Abbiamo anche ideato una linea cosmetica a base di latte di bufala, questo per dimostrare quanto funziona il concetto di circolarità produttiva.”

Ogni fase produttiva è seguita meticolosamente fino ad arrivare al momento principe, quello della lavorazione delle mozzarelle: “lavorazione 100% a latte crudo, senza aggiunte, non pastorizzato, cagliato a una temperatura massima di 40 gradi e poi filato per dare forma alla mozzarella e alle varie pezzature. Cerchiamo di lavorare piccole quantità per volta, arrivando a un massimo di 20 chili ad ogni step, questo ci serve per garantire lavorazione di qualità e anche un risultato ottimale del prodotto. Arriviamo nei mesi estivi, quando c’è maggiore produzione di latte e anche maggiore richiesta sul mercato a produrre fino a 4 mila chili al giorno”.

Ma come deve essere la vera mozzarella di bufala, quella impossibile da imitare? Da esperto com’è Enzo Barlotti risponde: “Bianco perla, liscia fuori e porosa dentro con al taglio fuoriuscita di liquido lattiginoso. In bocca consistente, che è indice di freschezza e qualità, più è tenace sotto i denti migliore sarà la mozzarella; e poi acida e sapida insieme a una nota di grassezza che avvolge il palato”.

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